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Se, dici? Il mio 11 settembre, 16 anni fa.

sedici anni, la mia vita

Nel bel mezzo dei miei 13 anni mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita, dovrei iniziare così il libro della mia vita.
Ebbene sì, sono passati 16 anni da quando il destino, il caso o chi per me ha deciso di cambiare radicalmente la mia vita.

Prima del suono della ricreazione mi sono ritrovata in una stanza dove ero entrata con le mie gambe e sono uscita in braccio a delle persone.
Nemmeno il tempo di accorgermi di quello che stava accadendo che la mia vita ha preso un’altra strada, senza chiedermi nulla.
Ed io chi ero? Nessuno? Sembrava proprio di no. L’inquilina del mio corpo che, un bel giorno, ha deciso di cambiare serratura e rinnovare il tutto.
Purtroppo quest’anno mi è ancora più difficile raccontare tutto ciò, ma lo voglio fare ugualmente. Avendo ripreso a soffrire di attacchi di panico, ho cominciato nuovamente a sentire certe sensazioni di quel giorno e, credetemi, non è per niente bello.
Nonostante tutto, tuttora, quando racconto ciò che è accaduto mi chiedo: “ma è vero? È successo a me?”. Sebbene siano passati 16 anni. Poi, beh, basta uno sguardo per capire che, sì, purtroppo è tutto reale.

All’età di 13 anni una persona dovrebbe essere spensierata, dovrebbe avere sogni, dovrebbe pensare in grande. Io, in un modo o nell’altro, mi sono ritrovata a fare i conti con una realtà che non volevo e non accettavo. E credo che anche tuttora, in parte, sia così.
Non sentivo più parlare di ragazzini, televisione, libri, giochi ma bensì di flebo, cateteri, disinfettanti, saturimetro e così via.
Mi chiedevo: “perché a me?”. Devo essere sincera, prima era un mondo che ignoravo. Vedevo persone senza una gamba, in carrozzina, vedevo persone con problematiche differenti ma non mi sono mai chiesta cosa ci fosse dietro.

Purtroppo, e ribadisco purtroppo, in Italia non siamo abituati alle abilità differenti. Ci vorrebbe un’educazione apposta. Dovrebbe diventare normalità, sin da piccoli. Non dovremmo vedere i bambini voltarsi indietro, tantomeno i grandi.
Ma non per curiosità che quella, bene o male, l’abbiamo tutti, ma per poca informazione.
Alle volte i bambini chiedono: “cosa ha quella persona?” Ed i genitori rispondono: “È malata”.
E dunque, ovviamente, tutte le persone con una patologia più o meno differente diventano malati e diversi.
Bisognerebbe, secondo me, spiegare in maniera molto semplice che ci sono persone fortunate al mondo che stanno bene ed altre che, purtroppo, possono avere dei problemi o dalla nascita o nel corso della loro vita. Ma non per questo sono diversi da noi perché seduti o perché in assenza di qualche arto. Poi, ovviamente, per me è facile parlare, non ho figli. Ma credo che è quello che farei se ne avessi.

Mi rendo conto anche che quando si ha la fortuna di stare bene, di non aver mai avuto grossi problemi di salute, non ci si mette nei panni degli altri, non si riflette su quante persone soffrano, su quante persone seppur stando male affrontano la vita quotidianamente con il sorriso. Quando si sta bene si è egoisti, è questa la verità. Ci si lamenta di un capello spezzato o
di un’unghia rotta, senza capire che alcune persone vorrebbero miliardi di questi “problemi”. Quando sono gli altri a star male, beh, sono gli altri. Soprattutto se non si tratta di un genitore o di un fratello e, alle volte, nemmeno quello.
Le persone più sensibili ed intelligenti ti stanno ad ascoltare, cercano di supportarti e spronarti, cercano di aiutarti anche solo con un abbraccio, ma quando si chiude la porta, diciamoci la verità, i problemi rimangono sempre e comunque degli altri.
Non credete, è successo anche a me. Solo quando accadono certe cose, solo quando le vivi in prima persona, allora si ti ritrovi a capire realmente come ci si sta.
Mi sono ritrovata a fare i conti con una vita che, purtroppo, mi ha tolto tante cose tra cui anche tante persone. Queste, purtroppo, non sono riuscite ad affrontare la mia situazione, ma non posso fargliene una colpa. Non a quell’età.
Poi, beh, dall’altro lato della medaglia, invece, ne ho acquisite tantissime nel corso degli anni. Le più vere. Nella sofferenza impari a capire chi ti vuole realmente bene e chi non ti mollerebbe mai per nessuna ragione al mondo.

Nel corso di questi 16 anni ho avuto molto tempo per pensare e credetemi che, alle volte, è il più brutto modo per far passare i giorni. Si riflette sulla vita, sulle aspettative passate e presenti, sul concetto di amicizia, di amore, di fiducia, di rispetto, si pensa a come siano cambiate le cose in pochi minuti e per diverse volte.
Io ho visto raggiungere i traguardi più belli negli occhi delle persone che avevo di fianco. La patente, la discoteca, i tacchi, i primi amori adolescenziali. Solo in parte affrontato le cose in un secondo momento, ma inizialmente è stata dura.
Ogni racconto era un pugno nello stomaco, ma incassavo. Perché, nel bene e nel male, quello che mi è successo mi ha cambiato i sogni, i desideri, le prospettive di vita, mi ha cambiato il modo di pensare e di vedere le cose, di vivere i rapporti e la vita in generale.

Ricordo che, quando non conoscevo le persone faccia a faccia, la prima cosa che dicevo era: “sono Eleonora, una ragazza in carrozzina”. Così, subito, diretta. In modo tale che sapessero con chi stavano parlando e, se fossero dovuti scappare, lo avrebbero fatto subito e non dopo, creandomi dolore.

Potrei dire che con il tempo si impara ad affrontare tutto, che il tempo sistema le cose, che si sente meno dolore, che la vita va avanti, che poi tutto passa in secondo piano ma, purtroppo, non sempre è così. Possono accadere delle cose che ti fanno tornare indietro di un mese, di un anno o di 16 anni. Sì, si impara a convivere con ciò che si ha o non ha, ci si fa forza, si vive, ma non sono qui a dire che è la stessa cosa, perché sarei falsa.
Come ho sempre detto la vita è un tunnel, nel momento in cui non si vede la luce bisogna arredarlo, aspettare. Prima o poi arriverà e ci voglio credere, in questo periodo più che mai.

Mi riferisco al “se, dici?”. Meglio non chiedersi tanti “se”. Cioè, è giusto farsi domande, è giusto mettersi in discussione, è giusto assumersi colpe o meno, ma troppi “se” fanno male alla testa, al cuore ed al corpo.

Bisognerebbe, ed è quello che voglio fare, trovare un equilibrio stabile che non mi faccia mettere in dubbio tutto ogni volta che un ricordo si insinua nella mente. Voglio avere la forza di andare avanti, di sorridere, di affrontare la vita per ciò che dà e ciò che toglie. Perché capisco che, la fortuna di oggi, è aver la possibilità di raccontare il corso della propria vita perché, purtroppo, non tutti riescono.

Tutto ciò non è per insegnare a vivere a qualcuno, anzi, è solo per mettere nero su bianco ciò che penso e ciò che ho passato, in parte.

Un abbraccio,
Eleonora.

sedici anni, la mia vita

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6 Comments

  • Reply
    Lulli Lu
    30 gennaio 2017 at 18:45

    Ciao, sei tra le pochissime bloggers che seguo con email e tutto, ma confesso che sono sempre di corsa e non conoscevo il tuo “stare seduta”, a me l’esperienza della carrozzina è capitata per poco tempo per un banale intervento ed era già limitante così, pur sapendo che poi mi sarei alzata, dopo meno di un mese. Tempo fa ho visto dei bambini esprimersi male con una bimba focomelica e sua mamma intervenire per cui, in quel momento, al mio bambino (che aveva un atteggiamento educato e tranquillo) ho fatto un discorso molto semplice e aperto e lui sta crescendo sapendo che ogni persona è diversa dall’altra, per nascita o per eventi successivi e così, pur essendo curioso, non ci fa caso alle persone disabili, nel senso che è come per i suoi compagni stranieri che per lui sono uguali agli altri. Abbiamo una parente con problemi mentali e lui ci sta volentieri. Tendo a tenerlo al riparo dai problemi del mondo perchè è un bimbo, ma gli ricordo spesso che ogni persona può ammalarsi, perdere un occhio, un arto, l’udito ecc. senza addolcire la cosa perchè è vero che può capitare a tutti. Già basterebbe quello senza dover lottare contro le barriere architettoniche e la pochezza delle persone. Vorrei che i nostri commenti ti aiutassero a non avere le crisi di panico (ne soffre una mia amica e sono pese), a volte una parola qualsiasi fa scattare qualcosa. Se tutti noi vivessimo più a contatto con la disabilità forse ci sarebbe più comprensione.

  • Reply
    Eleonora TwinStyling
    30 gennaio 2017 at 20:57

    ​Ma ciao! Mi dispiace sapere che ti è capitato anche solo per poco tempo, mannaggia. Per quanto riguarda il discorso al bambino, era proprio quello che io volevo esprimere. Molte volte, le mancanze che avvengono non sono per cattiveria, ma per poca informazione e poco insegnamento riguardo a certe situazioni. Concordo sul tenere al riparo i propri figli, ci mancherebbe, ma credo che abituarli alle abilità differenti li renda più ricchi dentro. Purtroppo è vero, più che le barriere architettoniche sono quelle mentali e dettate dalla società che rendono difficile la convivenza con la mia amara metà. Sei carinissima, davvero, ti ringrazio di cuore. Purtroppo gli attacchi di panico li ho ripresi a causa di diverse problematiche della vita quotidiana, ma conto di superarli e riuscirli ad ammutolire come feci in passato. Ti ringrazio davvero per il commento, mi hai riempito il cuore.
    Un abbraccio gigante e buona serata.

  • Reply
    Maria Rosaria Lapenna
    30 gennaio 2017 at 21:10

    Un abbraccio grande !!!

  • Reply
    Francesca
    30 gennaio 2017 at 22:17

    Ciao Eleonora,
    ho letto e riletto ,mi piace molto come scrivi.
    La vita ti mette davvero a dura prova,ma tu sai affrontarla,sei cazzuta e hai voglia di vivere…nonostante le difficoltà.
    Sei un grandissimo esempio.
    I miei complimenti.

    • Reply
      Eleonora TwinStyling
      30 gennaio 2017 at 22:50

      Ciao Francesca, la vita purtroppo mette a dura prova ognuno di noi, ogni giorno. Grazie per i complimenti e per il supporto, sei veramente molto gentile. La vita è una e cerco di viverla nel miglior modo possibile, anche se alle volte è veramente dura. Grazie del commento, ti auguro una buonanotte e ti mando un bacio.

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